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di Samuele Marchi
Domenica 22 ottobre alle 19 nella cappella superiore del Seminario diocesano (viale Stradone 30) nel corso dei Vespri presieduti dal vescovo Mario Toso, ci sarà l’ammissione tra i candidati al diaconato e al presbiterato di Matteo Cattani. Nato a Faenza, 25 anni, presta servizio nella parrocchia di San Michele a Bagnacavallo.
Matteo, che emozioni provi nell’avvicinarti a questo momento?
Sono contento e nei giorni che passano c’è sempre qualcosa che mi stupisce. Mi meraviglia vedere come tanti accolgono con gioia la notizia dell’ammissione e rispondono con la preghiera. È la Chiesa, la famiglia di Dio da cui impariamo come ricevere i doni del Signore. L’ammissione agli ordini dice un già e non ancora, un po’ come nelle stagioni della campagna; si vede l’Agricoltore all’opera nel suo campo, con speranza si attendono i frutti non ancora sui rami, si gode già dei fiori tra i filari profumati.
Da dove nasce la tua vocazione?
In famiglia da bambino ho imparato a pregare, in modo maldestro a parlare a quel Dio che ci ha fatti e ci chiama all’amicizia con lui. Sono cresciuto nella parrocchia di San Domenico dove i padri domenicani davano testimonianza di vita comune spesa per la gente e ho frequentato l’Agesci, memoria timida e costante dell’appartenenza alla Chiesa. Qualche figura ha inciso in modo singolare nella mia vita; una monaca di Faenza consumata come una candela per fare luce, un paio di preti della nostra diocesi tutti dediti ad accompagnare gli altri a Gesù, i miei genitori e i miei nonni per il loro coraggio nelle scelte definitive, gli amici stretti che si sono presi cura di me e mi hanno fatto sentire di non essere solo. Il Signore usa tutto di noi, i talenti e le ferite; anche quello che stimiamo più vile è spazio per la sua grazia, pieghe della storia dove non si dimentica di preparare una strada in cui seguirlo.